Paolo Molinaro
Fondatore e Ceo di Aipem
A quanto ci dicono le prime proiezioni il post pandemia potrebbe riservarci la positiva sorpresa di un periodo di crescita piuttosto marcato. Digitale e sostenibilità saranno il motore dello sviluppo. A patto che le aziende compiano azioni concrete e diano seguito alle intenzioni dichiarate.
In particolare il digitale sarà l’elemento trainante del prossimo futuro. Ma attenzione a non farlo diventare un abbellimento di qualcosa che resterà uguale a sé stesso. Le aziende dovranno investire in progetti innovativi trasformandosi completamente in soggetti attivi e consapevoli della loro evoluzione puntando a gestire e sfruttare un ecosistema industriale di dati. Questa è una delle più grandi opportunità che si stanno presentando alle PMI e a tutte le nostre imprese.
Le direttrici sono queste: innovare e internazionalizzare con un’attenzione particolare alla sostenibilità.
L’innovazione sta a fondamento di tutto anche perché è quella legata intimamente alla rivoluzione digitale che le imprese devono affrontare. Per questo le aziende devono fare una valutazione coscienziosa e trasparente sul loro stato attuale e capire i percorsi da seguire per ripensare al proprio modello di business, mettendolo a confronto con le necessità del mercato per avere l’indicazione di azioni precise, mirate ed efficaci da mettere in atto.
In linea teorica la realtà sembra positiva: le aziende che si dichiarano pronte a fare evolvere la propria strategia aziendale sono 6 su 10.
Quindi, nelle intenzioni, il sistema produttivo italiano, che vanta il triste primato di una produttività ferma da decenni, sembra avere l’intenzione di muoversi verso il futuro.
Le aziende dichiarano, infatti, di volersi mettere in moto per cercare nuovi bacini di clienti, anche sviluppando nuovi prodotti.
Nello stesso momento circa 7 aziende su 10 si dicono disponibili ad adeguare il proprio modello operativo a quella che è ormai definita la realtà post Covid.
Ovvero una situazione nella quale il digitale si è affermato in seguito a oltre un anno di dure restrizioni, e oggi detta le regole delle relazioni e degli scambi, imponendosi come metro di misura per valutare la qualità della competitività aziendale.
Quindi: le aziende dicono di volersi innovare e adottare il digitale in forma sistematica e strategica per andare alla ricerca di nuove nicchie di mercato soprattutto internazionali.
La pandemia ha, infatti, fatto scoprire ad una vasta platea di imprenditori che internazionalizzare è possibile, soprattutto se si hanno idee chiare e obiettivi precisi da raggiungere e non ci si lascia trasportare dall’entusiasmo o dalle mode.
Una recente ricerca di Deloitte rivela che un’azienda su due crede nella ripresa ed è convinta che questa si muova sulle dinamiche dell’internazionalizzazione. Per questo i management hanno iniziato a redarre piani aziendali mirati ad espandere la copertura geografica.
Anche questa è la conferma che la crisi innescata dalla pandemia si è rivelata uno stimolo all’evoluzione per le imprese, in particolare quelle del Nordest che, per tradizione, hanno sempre avuto un occhio rivolto ai confini per consolidare la loro attività.
L’annullamento delle fiere, il blocco delle trasferte, l’impossibilità per le reti vendita di dislocarsi sui mercati esteri, ha portato le aziende a elaborare nuovi paradigmi di business. Una situazione che, con il protrarsi delle restrizioni anti pandemiche, ha finito per diventare stabile.
Detto tutto ciò occorre però andare oltre le intenzioni e fare i conti con la realtà che vede l’Italia al 25° posto su 28° stati membri dell’Unione per livello di digitalizzazione. Peggio di noi solo Grecia, Romania e Bulgaria.
Oggi l’utilizzo e la familiarità con le nuove tecnologie sono diventate il metro per valutare la competitività di un’azienda. Ma in Italia, giusto per dare un dato, solo il 10% delle PMI utilizza canali digitali di vendita.
Per questo la propensione ad innovare va bene, ma le aziende sono ancora lontane dall’avere gli strumenti per competere veramente su mercati dove le imprese straniere saranno meno creative delle nostre ma hanno livelli tecnologici superiori. Servono subito progetti e azioni precisi e di lunga durata per non restare emarginati in Europa e nel mondo.
Per il 56% degli imprenditori delle PMI c’è la necessità di intervenire sul proprio modello di business, concentrandosi sullo sviluppo di uno o più elementi del proprio modello, partendo dalla lead generation.
Si è infatti capito che sarà questa la chiave fondamentale che permetta anche a una PMI di avvicinare nuovi mercati con tecnologie digitali attraverso un progetto sostenibile anche a livello ambientale.
Perché fra le altre componenti del futuro sviluppo c’è l’elemento sostenibilità: pensare e agire in modo sostenibile porrà le nostre PMI al livello delle corrispondenti aziende europee che hanno già adottato modelli, processi e materiali sostenibili.
È a questo punto che le somma di questo ragionamento porta alla nuova centralità assunta dalla comunicazione e dal marketing ai quali viene demandato il fondamentale ruolo di facilitatori dei processi e delle azioni.
Per adottare percorsi innovativi servono progetti che facciano comprendere alle PMI quali sono le potenzialità del digitale, dalla gestione dei dati al live streaming, per arrivare a costruire identità chiare e riconoscibili per ogni singolo brand. Accanto a questo servono conoscenze mirate e capacità di elaborare strategie che sappiano condurre le aziende nell’ingresso in nuovi mercati attraverso la lettura dei dati e delle caratteristiche.
Per questo le PMI hanno bisogno di partner affidabili per farsi sostenere la nuova era di sviluppo che le attende, fatta di innovazione, digitalizzazione e internazionalizzazione.
La brutta abitudine, purtroppo molto diffusa, del “facciamo da soli” deve lasciare spazio a nuovi modelli di partnership che tutelino l’azienda dai rischi di un fai da te quanto meno inopportuno in questo ambito.
Gli imprenditori delle PMI oggi devono avere il coraggio di mettersi in discussione e ricercare forme di collaborazione che li aiutino a crescere. L’obiettivo è definire e rendere competitivo un nuovo standard di mercato nel quale trovare modo di svilupparsi.
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